Nel Vangelo sono tante le persone incontrate da Gesù: molti sono guariti altri con lui discutono… di pochi, però, conosciamo il loro nome. Lazzaro, con le sorelle Marta e Maria, è uno di quei pochi… Lazzaro è l’amico di Gesù, per lui Egli piange, soffre, per lui si fa in quattro. Prega il Padre suo e, stando fuori dal sepolcro, lo chiama per nome: “Lazzaro, vieni fuori!”.
Gesù fa tornare alla vita l’amico Lazzaro, lo chiama per nome, lo invita a venir fuori, cioè ad uscire dal buio della morte per entrare nella luce della vita. Gesù invita Lazzaro ad abbandonare ciò che lo tiene legato alla terra, lo invita a liberarsi dei preconcetti su Dio, ad abbandonare ogni pregiudizio: Dio è Padre che si prende cura dell’uomo, lo chiama per nome.
Per Dio noi siamo così importanti da chiamarci sempre per nome, non siamo mai un oggetto o una cosa… anche se noi tante volte consideriamo Dio e gli altri delle “cose”, Lui continua a chiamarmi col mio nome, per Lui io sono unico ed irripetibile!
Che bello sapere che anche oggi Gesù mi chiama col mio nome e mi invita ad uscire fuori, a vivere la vita che Lui stesso mi ha donato! “Lazzaro, vieni fuori!”
(Gv 11, 43)
Il racconto:
Il sasso inutile
Bruno Ferrero – Rielaborato da “Tante storie per parlare di Dio” – ELLEDICI
C’era una volta su una strada un sasso che non serviva a niente.
Era un bel sasso, di forma tondeggiante, grosso più o meno come la testa di un uomo, di un bel grigio-azzurro. Ma nessuno lo degnava di uno sguardo. Al principio spuntava appena dalla terra al centro di una strada che portava in città. Non gli mancava la compagnia. Quasi tutti quelli che
passavano di là inciampavano. Qualcuno si accontentava di lanciare colorite imprecazioni, altri maledicevano il povero sasso. Il sasso era sempre più triste. Che razza di vita era mai la sua! Un giorno una carrozza che procedeva veloce per la strada ebbe un impatto così violento con il povero sasso da lasciargli un segno ben visibile, che sembrava una ferita. Nell’urto ebbe la peggio la ruota, che si spezzo. Il vetturino, furibondo, con un ferro cavò il sasso e lo scagliò lontano. Il sasso rotolò malinconicamente per un po’ e si arrestò fra altri sassi nella scarpata.
“Ci mancavi solo tu, sgorbiane!”, gli gridarono gli altri sassi. “Quanto sei pesante, ciccione!”, gli dissero due pietre piatte e sottili, cosparse di mica scintillante. Se le pietre avessero lacrime, il sasso sarebbe scoppiato in un pianto desolato.
Sprofondò in un silenzio pieno di angoscia e di tristezza. Ma un mattino due mani robuste lo sollevarono, “Questo serva a me!”, disse una voce.
“E gli altri?”, chiese un uomo, “possono servire anche loro. Raccoglieteli”. Mentre gli altri sassi venivano gettati in un carro, il sasso tondeggiante
fece il viaggio nella bisaccia dell’uomo. Quando uscì, si trovò in un cantiere brulicante di operai. Tutti erano all’opera per innalzare una magnifica costruzione, che, pure incompleta, già svettava nel cielo. E i muri, le possenti arcate, le guglie che svettavano nel cielo, tutto era formato da pietre grigio-azzurre come lui. L’uomo gli disse: ”Finirai lassù, anche tu, amico mio – Ho un progetto magnifico per te. Dovrai soffrire un po’, ma ne varrà la pena”. Il sasso venne portato in un angolo dove un gruppo di uomini stava scolpendo figure di santi di pietra. Una delle statue era senza testa. L’uomo la indicò e disse: ”Ho trovato la testa per quello!”. Sfiorò nuovamente il sasso con le mani e continuò: ”E’ perfetto. Sembra
fatto apposta, e anche questa piccola fenditura mi ha fatto venire un’idea…”. Al sasso pareva di sognare: nessuno lo aveva mai definito
“perfetto”. Subito dopo però fu stretto in una morsa e uno strumento acuminato cominciò a ferirlo senza pietà. Il dolore era forte, ma non durò
molto. Il sasso inutile si trasformò nella magnifica testa di un santo che fu collocata sulla facciata della cattedrale. Era la statua che tutti notavano
e additavano per una particolarità: tutti gli altri erano seri e aggrondati, quello era l’unico santo sorridente.
L’artista aveva trasformato la ferita provocata dalla ruota del carro in un magnifico sorriso. Il sorriso pieno di pace e felicità del sasso che aveva
trovato il suo posto.
Ognuno di noi è unico e prezioso agli occhi di Dio, ad ognuno di noi è affidato un compito speciale nella vita. Non scoraggiamoci, compiamo al meglio il nostro dovere e un giorno avremo modo di contemplare il posto che ci è stato affidato nel grande puzzle dell’universo.
Le coccinelle
Sentirsi chiamati per nome è anche aprire gli occhi e le orecchie per vedere e ascoltare le richieste di aiuto del fratello in difficoltà. Ognuno di noi è unico e prezioso ma, insieme, siamo una vera forza, siamo capaci di ridonare vita e speranza a chi ormai si credeva perduto!
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Per i bambini di Prima Comunione
Il semaforo
di Bruno Ferrero
La nonna entrò in Chiesa tenendo per mano il nipotino. Cercò con lo sguardo il lumino rosso che segnalava il tabernacolo del Santissimo.
Si inginocchiò e cominciò a pregare.
Il bambino girava gli occhi dalla nonna al lumino rosso, dal lumino rosso alla nonna. Ad un certo punto sbottò:“Ehi, nonna! Quando viene verde usciamo?”.
Quel lumino non diventerà mai verde.Continua a ripetere senza posa: “Fermati!”.Questa è la roccia. L’unica roccia vera a cui gli essere umani possono ancorarsi.L’unica sosta che dà un vero riposo: “Venite a me voi tutti che siete affaticati e stanchi e io vi ristorerò”.L’unica predica di Gesù: “Convertitevi perché il Regno di Dio è arrivato in mezzo a voi”.E’ in mezzo a noi. Ma quanti se ne accorgono?
Il Santo Curato d’Ars incontrava spesso, in chiesa, un semplice contadino della sua parrocchia. Inginocchiato davanti al tabernacolo, il brav’uomo rimaneva per ore immobile, senza muovere le labbra. Un giorno il parroco gli chiese: “Cosa fai qui così a lungo?”. “Semplicissimo. Egli mi guarda ed io guardo Lui”.